Immaginate nascere negli anni’30, da una famiglia modesta, da un una padre che poteva essere un conte e quindi usufruire dell’agiatezza della famiglia essendo primogenito ma che per amore di una contadina viene diseredato e con lei si forma una famiglia. Siamo a Milano, città operaia degli anni del primo dopo guerra, e li nasce la più grande poetessa italiana del ‘900.
Si chiama Alda Merini e per tutta la vita combatterà la sua patologia mentale, ma anche il sistema che ostacolava le donne (ed ostacola) nel mondo della letteratura, sminuendole e sottovalutandole.
Alda Merini nasce dunque a Milano, ed è Milano che trascorrerà gran parte della sua vita. Mamma casalinga, suo padre impiegato n una società di mutua assicurazioni. Alda cresce con un fratello più piccolo ed una sorella più grande ma sin da bambina manifesta il suo amore per la letteratura e lo studio, ma anche i suoi problemi legati alla salute mentale.
Entrambe le cose, come se non bastasse sono, stigmatizzate dalla madre che non vuole vedere o capire che Alda aveva una sensibilità innata verso il mondo delle parole e purtroppo anche dei problemi che le causavano isolamento e frequenti crisi, come una mistica di lei bambina che fu pesantemente ostacolata.
Nascere donna, nascere con una patologia mentale, voler studiare, essere indipendente e trovare spazio nel mondo della letteratura italiana era davvero una grande impresa.
E lei nonostante tutto questa impresa l’ha portata avanti. Inizia a scrivere davvero da giovanissima, nonostante la guerra, nonostante la famiglia la ostacolasse in tutti i modi. Ma la sua arte, la sua voglia di vivere di poesia è stata più forte di qualsiasi altra cosa.
Inizia dunque ad attirare l’attenzione con delle poesie che arrivano a Giancinto Spagnoletti il quale, resosi conto della bravura dell’allora quindicenne, decise di seguirla e di aiutarla ad emergere. Purtroppo però la sua bravura non veniva capita dalla famiglia che non condivide la passione di Alda, e poco dopo a queste sui primi traguardi, ci fu il primo ricovero in una struttura sanitaria, all’epoca purtroppo chiamato manicomio, dove le fu diagnosticato la sindrome bipolare.
Uscita dal ricovero trovo i suoi amici poeti dell’avanguardia italiana ad aspettarla e ricolmarla di attenzione tra cui uno che fu anche un grande amore per lei, Giorgio Manganelli. In contemporanea inizia un percorso di analisi e psicoterapia guidata e inizia ad essere pubblicata a poco più di vent’anni, le sue poesie erano già in un’antologia della poesia italiana contemporanea.
Amore, poesia e salute mentale. Sono temi ricorrenti nelle sue poesie. Sposa però un altro giovane dal quale ha quattro figlie le quali prova a crescere tra un ricovero e l’altro ma le ultime due furono poi date in affidamento. Fu nel 1979 ad avere un enorme successo di pubblico con La Terra Santa, per la quale nel 1993 vince anche il premio Montale, dove racconta senza mezzi termini la sua esperienza di ricovero in ospedale psichiatrico. Nel 1983 perde purtroppo il marito e cade purtroppo nel dimenticatoio, nonostante i suoi sforzi nel farsi pubblicare e riuscendo a trovare un piccolo spazio una rivista e riprende dei contatti nell’ambiente letterario, fino a conoscere Michele Pierri, che poi sposerà e si trasferirà con lui a Tarato. Siamo nella metà degli anni’80 e nel 1985 pubblicherà ‘Diario di una diversa’.
Ad oggi grazie anche ai suoi lavori, al racconto coraggioso della sua malattia, si hanno molti più strumenti a disposizioni per conoscere e capire le malattie mentali. Nei tempi nei quali lei ha vissuto purtroppo erano ‘deleggittimati’, spesso ‘violentati’, e ‘non curati’. Alda Merini visse la sua vita con tanti alti e bassi, come purtroppo composto il disturbo bipolare, morì anche il suo secondo marito, ma la sua consacrazione arriva negli anni 90 e 2000.
Per la pubblicazione di una nuova raccolta letteraria posò seminuda, una serie di scatti che sono diventati leggendari, dove il suo spogliarsi è un inno alla vita e alle possibilità.
La mia vita è stata più bella della poesia. Scrive ed è un profondo inno di amore.
La poetessa dei Navigli, dove abitata, creo uno spazio per la poesia, a poche centinaia di metri da casa sua un vero punto letterario dove scambiare poesia e punti di vista con altri autori e appassionati. ‘La casa della poesia non ha porte’, dice ancora.
Visse un momento di indigenza economia, vince numerosi premi, fu purtroppo sottovalutata, forse per un pregiudizio verso appunto la sua malattia. Morì a 78 anni, per un tumore osseo, quella sera sotto l’ospedale, un piccolissimo gruppo di artisti milanesi, tra cui Ezio Pedroni, si radunarono per renderle omaggio. Stava morendo la più grande tra le poetesse.
«Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla che riguardasse i fiori perché io stessa ero diventata un fiore, io stessa avevo un gambo e una linfa.»
(Alda Merini, da L’altra verità. Diario di una diversa)