E dei cuori spezzati. La vulnerabilità che vale la pena!

Sono stati scritti chilometri di parole sui cuori spezzati. Sulle storie d’amore impossibili, anzi a dirla tutta le fiction migliori e più seguite di tutti i tempi non hanno mai un lieto fine così come nelle favole ma anzi, le storie d’amore più sono complicate e più sono avvincenti.

Ma la vita è un’altra cosa. Il cuore spezzato fa male come se si fosse rotto un braccio o forse di più perché la strada verso la guarigione non ha molto spesso una durata quantificata. Nessuno lo sa.

Un giorno, un mese o un anno. Ci sono cuori spezzati che durano una vita e cuori invece che si rimarginano in un giorno. Ma chi se ne cura? Chi davvero?

Psicologi, terapisti, coach. Ma davvero un’anima può essere curata come se fosse appunto uguale a mille altre?

La verità è che ognuno di noi ha una mano diversa. Nessuna mano può essere identica all’altra. Fateci caso. E’ così ogni cuore spezzato ha una sua ragione che appunto la ragione stessa non conosce.

Dovrà fare un viaggio nuovo per curarsi, per tornare a ricomporsi, per rendersi più forte. Ma nessuna storia al mondo implicherà la sicurezza che l’anima non possa spezzarsi ancora. Nessuna parola, nessuna certezza. Ma ogni volta ne varrà la pena.

Per quelle emozioni, per quei sorrisi, per la voglia di vedersi ancora, di addormentarsi in un abbraccio, nel fare colazione e anche litigare. Ogni volta, cari cuori spezzati, ne verrà la pena. Come fare questo viaggio, quello della cura, quella di chi ti vuol bene e ti protegge. Quella nella ricerca di nuovi punti di forza e nell’ammettere che i punti deboli che ci concediamo sono solo quelli che appunto i sentimenti ci danno.

Quelli che ci rendono vulnerabili e che ci concedono il lusso di dire ‘Prenditi cura di me’.

“Al bar delle Parole quel giorno lui le prese la mano e le disse guardandola negli occhi. ‘Non ti amo più, ma sei stata la parte di me più importante, quella per cui ne è valsa la pena sempre’.

Le mani si ritrassero. Si alzò di scatto e andò via da quel posto, dal bar di quelle parole. Parole che tuonavano nella sua testa, in metro e in autobus poi, e sulle scale che percorreva, e sui percorsi che faceva. Sul comodini quei due biglietti per un concerto pagato a cui non andò mai. Le si spezzò il cuore. In mille e infiniti pezzi quanto la sua anima. Ma un giorno ritornò al Bar delle Parole. Dove c’era ancora il ricordo di lui. Prese una penna e scrisse su quel muro di murales dove ognuno lasciava scritto qualcosa. ‘Ne vale sempre la pena’. Passarono giorni, settimane, mesi. E in un altro novembre, lontano da quello che avevano vissuto insieme, tornò lui, e la bimba che era con lui, si avvicino a quel muro e lesse, parola per parola, proprio quella frase lì. ‘Ne vale sempre la pena’. Frase che gli entrò dentro, in quella parte di lui, quella ancora vulnerabile. Sorrise anche lui. Non poteva fare altro.”

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