Lui è Eugenio Patanè nasce e vive a Catania ed è un attore, autore e regista, talentuoso. Ama la sua terra con tutte le sue forze e ne dipinge la bellezza con le parole. Eugenio è un artista a 360 gradi e non poteva non essere altrimenti: ha respirato l’arte sin da bambino. Le sue muse, la mamma musicista e la nonna. Pieno di impegni ma ricco di energia e simpatia si destreggia tra svariate attività e nel tempo libero? Scopriamo insieme cosa fa.
Ciao Eugenio, tu sei il primo uomo intervistato tra tante tantissime donne. Io credo che siano gli uomini a fare la storia delle proprie vite, al di là del sesso, ma credo anche che la tenacia di certe donne, in un mondo davvero duro e ancora con una forte impronta maschilista, debbano essere raccontate con una forza ancora maggiore.
La moglie di Bill Gates afferma infatti che se nel sud del mondo le donne fossero istruite non ci sarebbe più povertà, guerre e miserie. Concordi con questa frase o semplicemente cosa ne pensi? Ma prima, raccontaci di te, di quello che sei e di come è nata quella passione così forte da farti scegliere come professione, quella, appunto di attore.
Ciao Mariagrazia! Innanzitutto grazie di questa intervista e grazie per il privilegio che mi hai riservato. Sono un attore, regista e organizzatore di eventi culturali. Mi occupo di attività laboratoriali di lettura animata e di didattica teatrale nelle scuole o presso alcune Comunità Terapeutiche Assistite, a indirizzo psichiatrico. Collaboro con emittenti radiofoniche e campagne pubblicitarie e da anni coopero con più enti o Associazioni, per la promozione della lettura e la diffusione della cultura letteraria. Sono dunque un lettore onnivoro. Amo fare lunghe camminate, adoro il mare e da buon campanilista, la pasta alla norma e le granite siciliane.
La passione per la recitazione è nata quand’ero bambino, ma l’ho riscoperta poco dopo, a scuola. Relativamente alla domanda che mi ponevi all’inizio, sulla citazione di Melinda Gates, non saprei dirti con esattezza se cesserebbero del tutto la povertà, le guerre e le miserie, forse si ridurrebbero. Ritengo però che impegnarsi a sostegno dell’istruzione e del miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto nel terzo mondo, sia indispensabile.
Quando, se c’è stato un momento nella tua vita, che hai capito o sentito che questa fosse la tua strada?
Credo che sia avvenuto quando avevo diciassette anni. Era un tardo pomeriggio nel mese di Maggio e interpretavo, per la prima volta, il trasparente signor Paolino, professore privato della commedia “L’uomo, la bestia e la virtù” di Luigi Pirandello. La gioia che provai fu incommensurabile. Fu lo spettacolo di fine anno di un laboratorio teatrale, promosso dal Liceo e diretto da un allora giovanissimo Antonio Caruso cui devo la mia gratitudine, per avermi avvicinato prima e appassionato poi a quest’arte incandescente e meravigliosa.
Quanto e in che modo ti riempie la vita?
Da quel pomeriggio, la riempie intensamente e in modo preponderante. La mattina a scuola, durante le attività laboratoriali con i ragazzi, il pomeriggio o la sera durante le prove; quando leggo nuovi copioni, quando collaboro con Comunità Terapeutiche Assistite, quando curo la regia di uno spettacolo e naturalmente quando sono a Teatro. Ma anche quando cammino e intrattengo un dialogo costante con quello che mi circonda assecondando la teoria shakespeariana secondo cui “Tutto il mondo è un palcoscenico…”.
Quanto conta il mondo della scrittura per te? E quale libro consiglieresti ad una persona che non sa se credere nei propri sogni.
La scrittura è più di un mondo. È un universo sconfinato. Per dirla con Sylvia Plath << La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più: mostri, risposte, colore, forma e sapere…>> Dopo questa premessa va da sé che la scrittura, per me, abbia un valore immenso anche come mezzo di conservazione e di trasmissione di memoria storica oltre che letteraria. Tra i titoli che mi sento di suggerire c’è il Don Chisciotte della Mancia di Miguel De Cervantes e Le parole degli altri di Michael Uras per il loro valore salvifico.
Cosa sogni per te e per la tua vita?
Sogno di sentirmi compiutamente pago e sereno e di rendere qualcuno sommamente felice.
Il momento più importante della tua carriera ad oggi?
Non ce n’è uno più importante, lo sono stati tutti. Forse però tra i più significativi compaiono due incontri: il primo con Silvana Bosi, attrice straordinaria con la quale ho avuto il privilegio di lavorare in “Visita ai parenti”, uno spettacolo avvincente di Walter Manfrè. Con Silvana è nata una candida amicizia. Ripenso spesso a un viaggio in autobus, fatto insieme, durante il quale mi ha regalato inesauribili ricordi – legati al cinema e al teatro. Il secondo incontro è recente e di formazione attoriale, è avvenuto a Roma con il regista Ferzan Ozpetek: una persona squisita, carismatica e prodiga di preziosi insegnamenti.
Cosa consigli a chi magari è a un bivio nella sua vita, che non sa più cosa fare, a chi ha paura?
Di non chiudersi in se stessi, di parlarne con un amico, un familiare, una persona cui si vuole bene. Tutti siamo creature fragili. Penso spesso che ogni scelta comporti una perdita e allora mi domando quale sia la cosa di cui potrei fare a meno e compio la scelta. La paura alle volte può schiacciarci, impedendoci di essere felici, ma se la affrontiamo con il coraggio – la cui origine è legata al cuore – saremo capaci di vincerla.
Come affronti le difficoltà quotidiane?
Prendendo la vita con leggerezza, come suggeriva Calvino. E ricordando a me stesso che “chi è ricco di amici, è povero di guai”. Sempre.
Hai qualcuno che ti ha ispirato? Una donna, un uomo, se sì perché?
Intendi nella vita? Certamente mia madre, la quale è stata una colonna portante, il punto di riferimento affettivo; un modello di generosità, di amore, di eleganza. Insegnava Musica a scuola, scriveva, suonava il pianoforte; amava l’Opera, il teatro e parlottava con gli alberi e i fiori del giardino. È stata un faro luminoso che non ha mai smesso di illuminare le mie scelte.
Stiamo vivendo un periodo storico molto pericoloso? Cosa ne pensi di questo clima di intolleranza?
Viviamo in una società rabbiosa in cui prevale un’assoluta incapacità di dialogo. L’atteggiamento improntato a un rigido rifiuto delle opinioni o convinzioni altrui non fa che issare muri e cagionare distanze, sbarramenti, disuguaglianze. Personalmente mi ripugna qualsivoglia forma di intolleranza o discriminazione. Ritengo che occorra contrastare con risolutezza tali atteggiamenti che annullano il pensiero e favoriscono violenza. Come? incentivando la cultura del rispetto, del dialogo e dell’Arte. Se esiste un uomo non violento – diceva Gandhi – perché non può esistere una famiglia non violenta? E perché non un villaggio? Una città, un paese, un mondo non violento? Abbiamo l’antidoto, usiamolo dunque!
Il tuo portafortuna?
Fotografie. Le guardo generalmente poco prima di una performance o di andare in scena. Sono foto che ritraggono i miei nipoti, mia sorella, i miei genitori e mia nonna Erminia.
Guardati tra 30 anni hai un bambino sulle tue ginocchia cosa gli consiglieresti per la vita?
Di camminare tanto, di coltivare la lettura e di non perdere mai la capacità di giocare e di sognare.
Cosa ne pensi del femminismo?
Sono da sempre a favore dell’autonomia femminile e ne sostengo l’emancipazione. Parlerei più di femminismi, al plurale, perché a partire dalla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1792 in Francia e dalla Rivendicazione dei diritti della donna, a firma Mary Wollstonecraft, si sono sviluppati vari femminismi: da quello liberale statunitense a quello sociale e infine anarchico. Innumerevoli le donne fondamentali che hanno segnato più di un’epoca: da Virginia Woolf a Simone de Bauvoir, e ancora Adrienne Rich; Angela Davis; Anna Maria Mozzoni; Elisa Salerno; Carla Accardi; Clelia Romano Pellicano e tante, tantissime altre che si sono dedicate e battute strenuamente per l’affermazione di una dimensione extradomestica della donna, per l’abbattimento della subordinazione sociale, per tutti i diritti civili e le non facili battaglie che le hanno viste formidabili protagoniste nell’ assicurare un futuro migliore alle loro figlie, alle loro nipoti a tutte le donne di futura generazione.
Cosa ne pensi del razzismo?
Il razzismo è un fenomeno che ha antichissime radici. Vi è un ritorno inquietante di odio razziale verso altri popoli che si manifesta attraverso il disprezzo e la violenza. Lo considero il frutto amaro di un albero malato. Per mia scelta, non lo colgo e non mi nutro di esso. Come Einstein, anche io conosco un’unica razza: quella umana.
E la fortuna?
È una dea bendata, una forza oscura e misteriosa, capace di aiutarci o meno.
Quanto conta l’amore nella tua vita?
Moltissimo. Di questo ne sono certo: conta solo l’Amore!
Una domanda che faresti tu a me e una che non ti ho fatto ma alla quale ti sarebbe piaciuto rispondere.
Adesso, andiamo a bere qualcosa? 😉
Certo Eugenio ma prima raccontiamo una bella novità, che ne dici? Da gennaio scorso possiamo leggere le tue raccolte poetiche nel volume “Birifrangenze” edizione Ensemble che è possibile acquistare sia in libreria che online qui.
Il modo migliore per entrare nel tuo mondo e continuare a conoscerti.