La comunicazione b2b è relazionale

Lavoro nel campo del marketing b2b da circa tre anni. E la cosa che più emerge con il passare del tempo e con la pandemia che ha attraversato ogni persona, brand, paese e business e che mai come oggi la comunicazione B2B (business to business) è basata sulla ‘RELAZIONE’. Ed ha sete di questo. Bisogno come non mai.

Prima di andare a capire come. Bisogna fare un po’ di ricerca e capire cosa indichiamo con il termine ‘RELAZIONE‘, dal latino relatione(m), dal lat. relatiōne(m), der. di refĕrre “riportare”, secondo il dizionario Tullio De Mauro, e con l’aggiunta in Treccani. di referre «riferire», part. pass. relatus, la parola dunque anticamente veniva usato con il significato di riferire, portare a qualcuno, riferire a qualcuno. Da qui il significato attuale di relazione, inteso come relazione medica, relazione di una commissione, relazione parlamentare ecc ecc. E’ importante capire questo passaggio perché indica altresì il significato di ‘relazione’ tra persone e o ‘connessione’. Hai presente quando nel web si ci connette, o si ci connette con un nuovo ‘contatto’?

Tornando all’etimologia della parola, relazione è la connessione che intercorre o corrispondenza, tra due o più enti, esempio: ‘non c’è alcuna relazione tra questo avvenimento e l’altro, tra questa canzone e l’altra, tra il prezzo e il valore e via dicendo. Infine con riferimento a persone o gruppi come rapporto, legame o vincolo reciproco. Relazione di parentela, di amicizia, familiarità, genetica.

In ambito B2B le aziende hanno bisogno di ‘connessioni’ di ‘relazioni’ di mettersi a contatto con il mondo circostante per farsi conoscere, esprimere i propri valori, trovare punti di incontro, instaurare partnership, relazionarsi a qualcosa e qualcuno che sia essa una causa, un ente benefico o un’altra azienda con cui ‘connettersi’ e creare nuovi valori.

Ne sono convinte le grandi corporation le quali con coraggio e pochi schemi si sono lasciate andare dopo i vari lockdown a narrazioni di relazioni.

Allora sui profili social si racconta la vita extralavoro dei dipendenti che oltre a lavorare per la propria azienda sono anche degli abili pasticcerio dei volontari di organizzazioni. La storia non racconta cosa si vende. Le storie raccontano relazioni. Quelle delle aziende con chi ci lavora e delle aziende con le altre aziende. Condividono palchi virtuali, cercano come risparmiare energia insieme, condividendo uffici e spazi dato il nuovo modo di lavorare che la pandemia ha rapportato. E non ultimo segnano nuove cooperazioni e collaborazioni e la nascita anche di servizi nati dopo una competizione di scacchi.

Immaginate la potenza di che possono avere delle narrazioni tra CEO di aziende diverse che collaborano per la nascita di un prodotto o servizio nuovo, basato appunto sulla relazione.

Ci sono già moltissimi esempi, soprattutto nel campo della moda. La chiave di oggi è aprire le porte e non avere paura di raccontarsi, scegliere una posizione scomoda ma reale sull’ambiente per esempio. La comunicazione nel b2b deve passare alla relazione. Quindi sui social via libera alle foto non delle strutture ma dei dipendenti. Foto o scatti rubati. Quello che non si vede. Il Ceo che chiama casa, o che porta fuori il cane è intanto magari fissa una call, oppure i dipendenti che si riuniscono per pranzo, o chi lavora da casa in Smartworking, con foto della postazione lavoro.

La rivoluzione delle idee passa sempre dalla condivisione e appunto dal riferire questa a qualcunaltro.

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